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giovedì, Novembre 27, 2025

Frankenstein. La versione di Del Toro è la più “romantica” di sempre

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di Laura Salvioli

Frankenstein è un film del 2025 sceneggiato, diretto e co-prodotto da Guillermo del Toro. È disponibile su Netflix dal 7 novembre. La pellicola è l’adattamento cinematografico dell’omonima opera di Mary Shelley composta tra il 1816 ed il 1817 che è il romanzo gotico per eccellenza e affronta tematiche molto vicine alle paure umane sempre attuali ed affascinanti. Il titolo per interno, infatti è: “Frankenstein o il moderno Prometeo”.
Il romanzo nacque da una sfida tra Mary Shelley, il marito Percy Bysshe Shelley, Lord Byron e John Polidori che consisteva nel concepire un romanzo dell’orrore.
Questa sfida risale al 1816, anno in cui venne ideata la prima stesura del romanzo, in seguito venne modificato e pubblicato in forma anonima nel 1818, ma nel 1823 ne uscirà una seconda edizione, finalmente, con la firma di Mary Shelley in copertina.
Infine, la versione che noi conosciamo è l’ultima, quella del 1831, che ha una narrazione meno cupa e più affine ai gusti dell’epoca. Vorrei ricordare poi, che Mary Shelley è una pioniera nel mondo della letteratura, una delle pochissime scrittrici dell’epoca, e che, nonostante questo, ha dato vita ad un’opera che vanta di essere uno dei primi libri dell’orrore della letteratura mondiale.

La storia è nota: Victor Frankenstein è figlio di un eminente e crudele chirurgo che lo educa in modo severo introducendolo al mondo della medicina. Victor ha un bel rapporto solo con la madre che, purtroppo, muore quando lui è ancora un bambino. Cresce, così, con il sogno di generare una creatura immortale, ed inizia a condurre i suoi esperimenti a Edimburgo. A grandi linee questa è la trama che, viene, però, in parte modificata da Del Toro. Ad esempio, nel caso della figura di Elizabeth, unica figura femminile oltre alla madre di Victor (Del Toro peraltro sceglie di far fare interpretare entrambi i ruoli alla stessa attrice) che diventa, nella sua versione, la nipote dell’industriale Heinrich Harlander, che è anche il finanziatore degli esperimenti di Victor. Ma le modifiche alla trama le trovo assolutamente normali, dato che, non solo la storia del noto mostro ha avuto così tanto impatto nel nostro immaginario, che ne sono state fatte più di trenta trasposizioni cinematografiche.

Ma, soprattutto, anche perché, come dicevo poche righe fa, lo stesso romanzo è stato riscritto più volte. Del Toro, inoltre, ha sempre avuto un grande amore e interesse per i mostri, per tutto ciò che è inusuale, strano, fuori dall’ordinario, quindi una sua trasposizione cinematografica di questo classico, è assolutamente azzeccata.

Gli interpreti scelti sono: Oscar Isaac, Jacob Elordi, Mia Goth, Charles Dance e Christoph Waltz. E, in particolare modo, Jacob Elordi è stato scelto per dare una nuova immagine al mostro che noi conosciamo, è, infatti, molto più umano e piacevole da guardare, come a voler sottolineare, a mio parere, anche la valenza eugenetica degli esperimenti di Victor. E forse anche che il vero mostro non è lui ma il suo creatore.

È affascinante, infatti, che “Frankenstein” sia diventato negli anni il nome che attribuiamo al mostro, quando è invece il nome del suo creatore portavoce dell’eterno equivoco che confonde cosa sia effettivamente mostruoso: se l’essere di fatto diverso nell’aspetto esteriore, essere un esperimento, o l’essere così egoisti e sfrontati da creare qualcosa di non solo pericoloso, ma anche abominevole, solo per passare alla storia e condannando la nostra creatura a una vita di sofferenza fisica e morale.

La trama nella pellicola è divisa in due parti: la prima è il racconto dal punto di vista di Victor, e la seconda è il racconto dal punto di vista del mostro. Questo, a mio parere, rende la narrazione fluida, nonostante la lunghezza del film.
Le tematiche sono note: il sublime, il diverso, l’odio nei confronti del diverso, la volontà dell’uomo di essere come dio, il progresso della scienza che ci potrebbe portare ad allontanarci dalla natura. Tutti temi cari alla corrente del romanticismo. Tuttavia, Del Toro, dà una sua impronta alla storia; sicuramente, prima di tutto, dal punto vista visivo con vari rifermenti artistici, ad esempio, alla “testa di Medusa” di Caravaggio o alla “creazione di Adamo” di Michelangelo. E, sceglie anche di accennare un’infatuazione di Elisabeth per il mostro, forse per seguire la sua poetica della comprensione e della accettazione del diverso, come se volesse apporre un suo marchio di fabbrica alla narrazione (ma è una mio parere).
Tuttavia, i cambiamenti più notevoli toccano soprattutto il finale del film che è un finale ricco di speranza e purezza. Romantico nel senso comune del termine non in quello reale. Infatti, il  romanticismo come corrente non ha nulla a che vedere con l’utilizzo che facciamo oggi di questo termine. Del Toro, infatti, decide di concludere il film con la frase di Lord Byron presa dalla sua opera Childe’s Harold Pilgrimag: “Il cuore si spezzerà e spezzato continuerà a vivere”. Scelta che potrebbe essere criticata dato che l’opera è successiva alla prima stesura di Frankenstein, ma che io trovo azzeccata sia per la genesi del romanzo, come ho scritto prima, sia per il senso che Del Toro vuole dare all’opera spogliandola del suo lato più oscuro per darle nuova vita: dal romanticismo in senso letterale all’essere romantica nel senso più comune del termine.

Quello di Del Toro è il romantico sdolcinato, quello dell’amore tenero, dell’accettazione e della comprensione. È il romantico della vita, della speranza e della resilienza.

 

 

 

(24 novembre 2025)

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