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giovedì, Maggio 1, 2025

“Adolescence”. Uno pugno allo stomaco in piano sequenza

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di Laura Salvioli

Questa serie britannica di soli quattro episodi è ora disponibile su Netflix e vi consiglio vivamente di recuperarla. Se ne sta parlando molto, anche perché gli episodi sono girati tutti in piano sequenza e questo la rende registicamente molto complessa da realizzare. Il regista Philip Barantini, probabilmente, ha fatto questa scelta impegnativa per rendere tutto più reale. Infatti, girare in piano sequenza vuole dire filmare una scena in un’unica ripresa, senza alcun taglio. Questo implica una grande preparazione sia degli attori che di tutti i cameramen ed è, a mio parere, una tecnica che avvicina il cinema al teatro, il che la rende molto affascinante. La storia che si narra non è vera ma è, assolutamente, verosimile.

Un ragazzino di 13 anni, Jamie, viene arrestato accusato di omicidio. Tutto inizia con l’irruzione della polizia in casa sua e della sua famiglia. Con una scena molto forte e ben girata che arriva nei primi minuti del primo episodio, con la stessa violenza di un “pizzone” dritto in faccia. Il ragazzo è terrorizzato, viene portato via dal suo letto nella sua cameretta da adolescente e per la paura se la fa sotto. Tutto sembra assolutamente kafkiano, l’irruzione della polizia sembra esagerata, visto che il sospettato è solo un bambino o poco più. Nella rappresentazione dell’arresto e di tutte le procedure che lo riguardano è tutto molto dettagliato: la presenza di un tutore, il chiarire al ragazzo quali sono i suoi diritti e se ha compreso quello che sta avvenendo, l’arrivo dell’avvocato d’ufficio. E, nonostante, siano procedure che vengono compiute spesso dai detective e da tutto il personale della centrale, è per tutti difficile compiere determinate azioni nei confronti di un minore. La serie è pervasa di questo senso di incomprensione ed inadeguatezza degli adulti nei confronti degli adolescenti. Il centro della storia non è il crimine commesso, che, come detto, è frutto di un racconto non vero ma verosimile, ma il rapporto con la fase più complessa della vita di ognuno di noi: l’adolescenza. Infatti, nel secondo episodio i detective, vanno a scuola del ragazzo per indagare sull’arma del delitto e qui, si nota tutta la difficoltà dell’adulto di confrontarsi con quella fase della propria crescita. Il fastidio, quasi, di dover interloquire con ragazzi tredicenni che sembrano palare un’altra lingua. E, che costringono, in parte involontariamente, i due detective a ricordare come erano alla loro età, se erano popolari o meno, li costringono a ripensare a periodi ormai, sepolti della loro vita.

A fasi in cui neanche loro sapevano chi e come sarebbero diventati. La tematica viene ancora più sviscerata nel terzo episodio in cui Jamie affronta un colloquio con una psicologa da cui deriverà una relazione che sarà, poi, utilizzata nel processo. E qui la tensione sale ancora di più, e apprezziamo ancora di più la scelta di un piano sequenza. Probabilmente, la stessa scena girata in modo canonico non avrebbe dato lo stesso risultato. Come dicevo questa scelta registica avvicina il cinema al teatro, perché ogni volta si esegue la “recita” dell’intero episodio.

E questo, in scene con un forte climax come il confronto con la psicologa, aiuta, a mio parere, a far montare la giusta emozione. Qui vediamo un Jamie diverso, lo abbiamo lasciato per un singolo episodio, e, lui sembra già trasformato. Strafottente, con il ghigno tipico del ragazzino che vuole fare l’adulto, ancora di più con una psicologa donna che lo interroga. Tuttavia, è qui che si rivela tutta la sua fragilità e la sua voglia spasmodica di essere accettato e, soprattutto, apprezzato. Il suo rapporto con le donne, ovviamente, problematico, ed il suo rapporto col padre, la figura maschile di riferimento di ogni uomo. Ed eccoci all’ultima fase dello svisceramento, la famiglia di Jamie centro dell’ultimo episodio. Un padre virile che fa l’idraulico, una madre che adora il marito e accudisce il figlio ma sa che la figura più importate per lui è solo e soltanto il padre. Infine, una sorella che subisce tutte le conseguenze dell’arresto del fratello ma dice ai genitori, con saggezza adulta: “Jamie siamo noi”. Questa serie, con mia grande gioia, non dà risposte urlate in spiegoni semplicistici acchiappa like, ma analizza una situazione verosimile e lo fa da tutti i punti di vista. Analizza l’adolescenza oggi, che seppur vissuta nella propria cameretta da ragazzini con i disegni a tema spazio sulle lenzuola e l’orsacchiotto ancora nel letto, è attaccata dal mondo dei social. Un mondo che ci raggiunge senza bisogno si uscire di casa, e ci ferisce con immagini e parole che non sempre sono vicine alla realtà. E di come tutti questi input possano influire anche su un ragazzino che viene da una famiglia, fondamentalmente, sana.

 

 

(22 marzo 2025)

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