di Laura Salvioli
Partirò dicendo che io non amo i musical, mi sembrano un genere che vuole rendere credibile cose che non lo sono affatto, tuttavia sono palesemente una derivazione dell’opera e del melodramma, e queste radici così nobili non possono che regalarci prodotti di valore. Spielberg, visto il sessantesimo anniversario del film originale di West Side Story ha deciso di farne un remake, a mio parere riuscito. Ho apprezzato molto la fotografia con luci molto forti e suggestive simili a quelle dei riflettori di un palcoscenico e la scelta di attori emergenti e non di grandi nomi che è valsa un premio ai Golden Globes all’attrice che interpreta Maria la protagonista. La storia è nota ed è ambientata a New York in un periodo di trasformazione della città che alimenta una lotta fra gang e, esattamente come in Romeo e Giulietta, due ragazzi delle fazioni rivali si innamorano creando una serie di eventi che portano ad un prevedibile finale tragico. Quello che ho apprezzato però non è il sempre ispirante eco della tragedia classica in cui vediamo degli amori perfetti e romantici perché cristallizzati da brevità ed impossibilità, quanto il fatto che con ritmi orecchiabili e meravigliose voci l’opera passi dei messaggi importanti.
Prima di tutto tocca la tematica dell’immigrazione e della eterna lotta tra poveri che essa genera, ma anche quella della visione della delinquenza come un male sociale quasi giustificabile da una polizia che risulta assolutamente non all’altezza del suo ruolo. Ed ancora l’evoluzione della figura della donna che sta diventando sempre più indipendente ancora di più in un paese moderno come gli Stati Uniti.
In conclusione, forse io per gusto personale non l’avrei premiato con il Golden Globe come miglior commedia o musical che avrei, invece assegnato a Don’t look up ma, di contro, posso dire che persino io che non amo il genere sono uscita dalla sala cantando “Maria Maria”…. Dunque non posso che consigliarlo.
(16 gennaio 2022)
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