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sabato, Luglio 27, 2024

“La scuola cattolica” di Stefano Morandini

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di Laura Salvioli

Il film di cui parliamo, ispirato all’omonimo libro del premio Strega Albinati, ha fatto parlare di sé soprattutto per la decisione della Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche di vietarlo ai minori di 18 anni. La Commissione stessa, ha dichiarato di aver imposto il divieto non per le scene di violenza presenti ma per il messaggio veicolato dall’ opera riconducibile, a detta loro, ad una scena in cui, un professore della scuola frequentata dai protagonisti descrive un dipinto di Caravaggio sottolineando come esso mostri una totale equiparazione tra le vittime e i carnefici.

Questo concetto per cui due figure usualmente opposte in realtà si confondano l’una con l’altra è seguito da varie scuole di pensiero ed è legato anche ad una ragione etimologica per cui spesso, soprattutto nelle lingue antiche, una stessa parola ha due significati opposti. Credo che l’ambiguità nasca dal sempiterno problema relativo a ciò che l’autore vuole dire e ciò che la critica e lo spettatore vedono e percepiscono, questa distanza tra autore e fruitore è un eterno limite che spesso mette in bocca a scrittori e registi messaggi o parole che mai avrebbero voluto pronunciare.

Io, personalmente, non ho pensato neanche per un momento di giustificare in qualsiasi modo i colpevoli di questo delitto, anzi, in alcune scene ho provato una rabbia e un ribrezzo verso il genere maschile mai sperimentato in vita mia. La volontà della pellicola credo fosse descrivere la società fortemente violenta da cui sia gli efferati assassini che le sventurate vittime provengono.

Una società in cui non si salva nessuno.

Una società nella quale le donne sono relegate ad essere o dei pezzi di carne di cui fare ciò che si vuole e, che, cito testualmente, “non sono buone neanche a morire” oppure delle macchine sforna figli ormai rassegnate.

Gli uomini, invece, devono essere cacciatori agguantare le prede e farne ciò che vogliono per dimostrare di essere abbastanza maschi e non dei “froci”.

Infine, per tornare ai fatti di cronaca nera che il film descrive, vedo molte somiglianze tra la strage del Circeo e l’omicidio Varani.

C’è sempre la volontà di sopraffare, c’è la Roma ricca col suo ghigno da spaccone che schiaccia quella povera e umile che non può far altro che soccombere. Anche nell’omicidio Varani la mascolinità è sotto attacco, tanto che più volte il padre di uno dei colpevoli ci ha tenuto a sottolineare che il figlio non fosse gay, come se fosse quella la sua colpa e non l’aver massacrato un povero ragazzo. Fa riflettere che nel ‘75 fossero due donne le vittime e nei giorni odierni un ragazzo ma la dinamica è schifosamente simile. Ora abbiamo la sessualità fluida ma la violenza si scaglia con la stessa ferocia ed è sempre figlia di una società annoiata benestante e deviata da una mascolinità tossica.

 

(14 novembre 2021)

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