di Laura Salvioli
Questa serie tratta dal romanzo di Antonio Scurati è uscita il 10 gennaio su Sky e Now tv. Il tema è noto: l’ascesa al potere del fascismo, almeno per questa prima stagione, perché con alta probabilità e, mia grande speranza, ce ne sarà una seconda. La serie, ancora prima di essere messa in onda ha generato forti polemiche, dovute alle dichiarazioni dell’attore protagonista, Luca Marinelli. Infatti, l’attore romano ha espresso la sua difficoltà nell’interpretare il Duce, data la sua fede antifascista e questo è stata letto, ovviamente da una certa parte politica, come un oltraggio. Già solo questo ci fa comprendere il clima in cui è stato scelto di realizzare questa serie. A quanto pare, per buona parte del paese si dovrebbe essere fieri di interpretare Benito Mussolini. Inoltre, per buona parte del paese, non puoi essere un attore di successo, quindi, avere un certo potere economico ed essere comunista, o, comunque di sinistra. Ma chiusa questa parentesi necessaria, parliamo di questa meravigliosa serie.
È girata da Joe Wright un talentuoso regista britannico, che ha firmato capolavori come “L’ora più buia” ed uno degli episodi più geniali di “Black Mirror”, cioè, “Caduta libera”.
Guidato dalle parole di Scurati ha realizzato una serie dinamica, innovativa e volutamente teatrale. M infatti parla spesso in macchina, si rivolge direttamente allo spettatore, scelta che, in realtà era stata presa da Larrin (il regista che inizialmente avrebbe dovuto dirigere la serie) ed è stata mantenuta e realizzata magistralmente da Wright sebbene sia una licenza rispetto al romanzo, ovviamente. Chi critica questa impostazione non ha capito il senso della serie, o, forse, lo ha capito ma non gli piace come ne esce Benito.
Mussolini nasce socialista, come tutti sappiamo, per poi cambiare bandiera e fondare i fasci di combattimento nel 1919. Dirige una rivista “Il Popolo d’Italia” fondata insieme a Cesarino Rossi, che lo assisterà anche nella creazione del fascismo. Movimento che nasce con l’idea di essere una forza “contro” e con l’imperativo di non entrare neanche in parlamento. Imperativo che, ovviamente, sarà rinnegato appena si presenterà l’occasione, come tanti altri principi fascisti.
Dato che, nel corso delle puntate, il nostro Duce si rende conto che, se vuole il tanto agognato potere dovrà rinnegare tutto ed il contrario di tutto (vi dice nulla?), financo sé stesso. Ma per lui, mago ed affabulatore, non è un problema tradirsi e tradire, per poi, cercare con le parole di giustificare l’ingiustificabile a folle urlanti. Nei primi episodi è presente anche l’affascinante figura di Gabriele D’annunzio, con cui Benito ha un rapporto di sudditanza mista ad ammirazione. Ma che risulta un personaggio decisamente più d’azione e di forti principi rispetto al nostro Duce. Direi, anzi che M rimane in generale, molto più colui che dà ordini che quello che esegue, anche per quanto riguarda le note violenze dei fasci di combattimento. In nessuna scena è lui ad eseguirle materialmente, sono sempre i suoi scagnozzi. Perché questo erano i membri fondatori del fascismo, reduci della Prima guerra mondiale, arrabbiati perché abbandonati dallo stato e violenti anche per possibili traumi subiti in guerra.
Personaggi come Balbo, interpretato dal meraviglioso Lorenzo Zurzolo, erano dei sadici da ricovero forzato che invece sono addirittura diventati, poi, capi della Milizia fascista. Quindi, è chiaro da dove si parte ma sarà ancora più terrificante vedere dove si arriverà e, soprattutto, come. I violenti fascisti, infatti, fanno comodo ai borghesi terrorizzati dai numerosi scioperi dei socialisti, che decidono, anche attraverso la figura di Margherita Sarfatti amante di M, di foraggiare il neonato partito. Non hanno forse ancora ben capito con chi hanno a che fare, o forse, semplicemente, non gli interessa. Ed anche quando M in persona chiede ai suoi “cani” fascisti di fermare le violenze, numerose e senza pietà, la richiesta non viene ben accolta. Perché si sa la violenza è sempre stata un baluardo immancabile, mostrato con fierezza dal fascismo. Ed è proprio grazie ad essa che M organizza la marcia su Roma che, in modo direi rocambolesco, tra bluff e totale lassismo, lo porta ad essere capo di governo.
Ma il suo progetto di potere si potrà realizzare solo con la modifica della legge elettorale; tuttavia, c’è chi si mette in mezzo cioè Don Sturzo. Ed è così che, l’anticlericale Benito decide di trattare con il clero, di strisciare davanti alla Sacra Romana chiesa, lui che non ha neanche battezzato i figli, ma per arrivare al suo obiettivo è pronto a tutto. Sturzo viene tolto di mezzo, la legge elettorale viene modificata, e le liste del fascismo vengono aperte a tutti. Basta che abiurino la loro precedente fede politica e salgano sul carro del possibile vincitore. Cosa che numerosi politici sono pronti a fare pure di conservare la poltrona. Quindi, il fascismo ha bisogno di soggetti presentabili e loro di un comodo posto in Parlamento, poco importa da che parte. Le elezioni si fanno con la nuova legge elettorale, ovviamente basata su un sistema maggioritario, ed i fascisti portano a casa ottimi risultati. Tuttavia, li portano a casa in un modo non del tutto ortodosso. Come è noto il solo che ha il coraggio di gridarlo in parlamento è Giacomo Mattotti.
Ed ecco negli ultimi due episodi c’è il climax perfetto, M ha il suo acerrimo antagonista, come in ogni storia ben scritta che si rispetti. Matteotti è il ricco che ha deciso di stare dalla parte dei deboli, è il “socialista impellicciato”, come lo chiama M. Benito, invece, per sua stessa ammissione: “io sono figlio della povertà, amo il potere, detesto la miseria e i deboli li disprezzo”. Ecco l’essenza del fascismo vecchio e nuovo che non dovremmo mai dimenticare. Sappiamo, poi, come finì per Matteotti, anche se non è chiaro neanche nella serie da chi partì materialmente l’ordine. Ed in modo geniale a mio parere, sul finale abbiamo un M solo che ha allontanato tutti, che vive angosciato da visioni della moglie di Matteotti che torna da lui come un fantasma. Ma, anche dopo questo lato quasi umano del Duce, si torna alla realtà. M si prende la responsabilità dell’omicidio Matteotti e con un celebre discorso in Parlamento sottolinea che anche solo un parlamentare basterebbe per metterlo sotto accusa. Ma nessuno, nessuno lo farà. Un finale che ci ricorda che siamo sempre tutti coinvolti, che le dittature nascono purtroppo sul lassismo di molti.
In questo caso tutta o quasi, la classe politica ed il re, personaggio a dir poco ridicolo reso ancora più macchiettistico, giustamente, dalla serie. M ha eliminato il suo ultimo avversario, forse anche l’unico vero avversario che aveva, ed ora è, finalmente solo dove vuole essere.
Questa serie ha una regia dinamica con dei numerosi e funzionali angoli olandesi, delle musiche meravigliose di Tom Rowlands volutamente contemporanee, un protagonista impeccabile, dei personaggi secondari ben definiti, dei personaggi femminili affascinanti e sfaccettati, ed ha soprattutto un fine. Prima di tutto, ricordaci che la storia può essere affascinante, che va studiata perché ci ricorda chi siamo e dove stiamo andando. Ed in secondo luogo demolire il personaggio di M. dalle fondamenta e non perché viene rappresentato come una macchietta, come alcuni hanno sostenuto. Il Benito di questa serie è sicuramente caricato, tuttavia, ci sono molti momenti di introspezione del personaggio che mettono in luce le sue debolezze. Ad esempio, la paura del tempo che passa, l’ansia per il futuro ed infine, nella stupenda scena in cui parla con il suo busto che gli ha regalato Margherita Sarfatti esprime la sua volontà di essere imperturbabile, di essere egli stesso un busto che non si fa scalfire da nulla. M viene demolito non perché se ne fa una caricatura, ma semplicemente, raccontando la sua ascesa al potere e la sua vita privata, entrambe sfere su cui non c’è nulla da salvare. Immagino che, ovviamente, questo avrà fatto arrabbiare qualche nostalgico, che senza nessuna vergogna commenta indignato i post sui vari social che parlano di questa serie. Ecco il problema, almeno in Italia, è questo: non abbiamo fatto pace con il nostro passato, ed ancora crediamo dobbiamo sentirci dire che “ha fatto anche cose buone” e che alla fine il principio de “il fine giustifica i mezzi” è un pensiero da uomini forti e valorosi. Invece non lo è perché, come la serie ci mostra, in nome di quel principio si vive senza ideali, si è pronti a tradire tutti. In nome di quel principio si vive sotto una dittatura per 20 anni, si tortura, si picchia, si uccide chi non è d’accordo. E questo non potrà mai convivere con “l’aver fatto anche cose buone”.
Quindi grazie Antonio Scurati, grazie Joe Wright e grazie Luca Marinelli: non è stato facile, in questo paese, in questo periodo storico riuscire a realizzare un progetto che non fosse solo retorico, ma soprattutto di grande qualità.
(4 febbraio 2025)
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