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sabato, Luglio 27, 2024

Povere Creature. Una Frankestein al femminile che partorisce se stessa

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Lanthimos è ormai considerato un genio della cinematografia internazionale e questa ultima pellicola non fa altro che confermarcelo. Il film è uscito nelle sale il 25 gennaio è il suo ottavo lungometraggio e, a differenza del mio suo preferito in assoluto “The Lobster” (che vi consiglio vivamente di recuperare), non è una sua sceneggiatura originale. La trama si basa, infatti, su un romanzo di Alasdair Gray che narra la storia di Bella Baxter una donna frutto di un esperimento di un medico (Godwin Baxter), che ha fatto della scienza e della sperimentazione la sua ragione di vita.
Il nostro Godwin Baxter è stato a sua volta oggetto degli esperimenti da parte di suo padre e fa lo stesso con la sua “creatura” Bella. La nostra Bella è una donna ma con il cervello di un feto quindi la sua crescita interiore e la sua capacità linguistica si svilupperanno durante il film. Attraverso un viaggio fisico e, soprattutto, spirituale Bella conoscerà il mondo. La sua vita, inizialmente, relegata nelle rassicuranti mura di casa, verrà sconvolta da un avvocato che si invaghisce di lei e deciderà di portarla in viaggio con lui.
Le ambientazioni sono surreali ma legate a città esistenti come Londra, Lisbona o Alessandria. Tuttavia, sono rappresentate come delle scenografie teatrali colorate e fantasiose e non come dei luoghi reali. I costumi sono ispirati all’epoca vittoriana ma hanno elementi moderni, e si modificano, si evolvono, con la crescita del personaggio. Lanthimos crea un mondo questa volta, un mondo in cui non manca mai il suo cinismo e la sua ironia caustica. Tuttavia, ciò che più amo di questo regista è saper sceglie delle metafore per poi portale all’estremo, senza temere di essere violento, crudele, volgare. C’è tanto sesso, tante scene cruente, ma non sono mai gratuite, è tutto asservito al suo messaggio finale. In parte femminista, in parte universale, e per questo, ben concepito. Lo si vede in ogni singola scelta come, ad esempio, nella figura di Godwin che viene letteralmente torturato dal padre per raggiungere i suoi obiettivi scientifici. Ed in questa crudeltà io ho colto un modo ironico di vedere il rapporto genitori figli. Rapporto spesso basato sulla voglia dei genitori di riversare sui figli tutti i sogni e gli obiettivi che loro non sono riusciti a realizzare, rendendoli, appunto, degli esperimenti. Oppure nel personaggio di Duncan Wedderburn che si invaghisce di Bella e, da tipico latin lover, non capisce neanche il valore della donna che ha di fronte, pagandone, poi, le conseguenze. Questo film è un inno alla crescita interiore e all’idea che la vita sia un percorso in continua evoluzione il cui scopo è partorire sé stessi. Rinascere ogni volta grazie ad ogni nuova esperienza che va affrontata con coraggio perché la scoperta di noi stessi non ha prezzo.

Vale sempre la pena rischiare, se serve a farci agguantare un pezzetto in più di conoscenza di noi stessi o del mondo. Perché è solo la conoscenza che, poi è coscienza, che ci rende, effettivamente, liberi.

 

 

(12 febbraio 2024)

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