di Giuseppe Sciarra
La nostalgia si sedimenta nel nostro inconscio, lo illude o forse no che il passato è un tempo mitico e irrecuperabile dove la nostra innocenza è sacralizzata per averci spianato l’esistenza e i suoi intricati meccanismi con curiosità e un amore per la vita irripetibili in età adulta. Quel desiderio che idealizza il passato e scava dentro in profondità, rendendo il presente qualcosa di piatto e di meno chiaroscuro e selvaggio rispetto a ciò che è stato, la fa da protagonista nel nuovo splendido film di Mario Martone, osannato all’ultimo festival di Cannes ma tornato qui in Italia senza aver vinto l’ambita Palma d’Oro (come forse avrebbe meritato).
Martone, reinterpreta con maestria e sentimento un romanzo di Ermando Rea, ambientato a Napoli, una città che se ti vede nascere lì non ti permette di tradirla morendo altrove – è come un’infamia; in tal senso il capoluogo partenopeo è come una città dell’antichità osannata in un grande poema, una madre, sangue del tuo sangue a cui appartieni per l’eternità, da vivo e da morto. Martone questo lo sa bene e ne fa quasi un trattato letterario trasposto al cinema parlando dell’amicizia di due ragazzi e delle conseguenti (e classiche) promesse non mantenute. Il protagonista, Felice, interpretato da un magistrale Pier Francesco Favino, all’età di soli 15 anni scappa nei paesi arabi per aver commesso con il suo amico fraterno, Oreste (Tommaso Ragni), un grave reato.
Ritorna anni dopo nella sua amata Napoli, quella del problematico Rione Sanità, lasciando nell’altra patria una compagna che l’aspetta a Beirut e un’ottima posizione sociale conquistata con grandi sacrifici per poter tornare trionfante un giorno a casa.
Il ritorno a Napoli tanto atteso però è straniante, la metropoli campana è sempre la stessa ma è anche diversa, la camorra imperversa in molti quartieri e ci si uccide per nulla, al contempo però c’è una generazione di giovani e gente per bene che fa capo a preti come il vivace Don Luigi (Francesco di Leva) che lottano per salvare quel mondo antico dal baratro. Alla fine Felice, dopo la morte dell’amata madre, decide di restare nella patria ritrovata riprendendo il suo percorso e andando alla ricerca dell’amico diventato boss malavitoso, Oreste – un nome che forse non è stato dato a caso all’altro protagonista, visto l’amore di Martone per la tragedia greca e l’ineluttabilità del suo fato i quali influenzano spesso le sue opere cinematografiche.
Nostalgia è una tragedia greca post-moderna, dove le musiche rock anni settanta in ricordo dei tempi perduti e un 4/3 per i flashback con fotografia stile super 8, guidano il protagonista verso quel fratello amato in gioventù, l’amico inseparabile che l’ha fatto diventare uomo, in una Napoli dal sentimento arcaico e quasi religioso, tra catacombe e stradine diroccate alla ricerca del tempo perduto e di un destino già scritto che necessita del sacrificio di un eroe per un cambiamento radicale e finalmente duraturo.
Una lezione di grande cinema dove stile e anima trovano il loro compimento perfetto. Un capolavoro.
(31 maggio 2022)
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